1926 – Maciste all’Inferno
<< Torna all'elencoTitolo originale: Maciste all’Inferno
Regia: Guido Brignone
Paese: Italia
Anno: 1926
Genere: drammatico
Durata: 91 minuti circa
Lunghezza: 2475 m.
Colore: bianco e nero
Audio: muto
Soggetto e Sceneggiatura: Fantasio (Riccardo Artuffo)
Fotografia: Massimo Terzano, Ubaldo Arata
Produzione: Fert-Pittaluga, Torino
CAST
Maciste: Bartolomeo Pagano
Proserpina: Elena Sangro
Graziella: Pauline Polaire
Barbariccia/Dottor Nox: Franz Sala
Pluto: Umberto Guarracino
Luciferina: Lucia Zanussi
Giorgio: Domenico Serra
Gerione: Mario Saio
Uno dei diavoli: Mario Sajo
TRAMA
Pluto, re dell’inferno, manda sulla terra Barbariccia, sotto le vesti del dottor Nox, per procurare anime e prendere Maciste, che abita in un paese di campagna. Barbariccia arriva alla casa di Maciste con altri cinque diavoli, ma egli lo caccia; anche Graziella, vicina di casa di Maciste, resiste alle lusinghe del diavolo. Barbariccia fa incontrare Graziella con un giovane ricco signore, Giorgio, che dopo aver ricambiato il suo amore l’abbandona sola con un figlio. Maciste costringe Giorgio a tornare dalla giovane, salvando il bambino che Barbariccia aveva rapito e abbandonato nel bosco. Maciste si scontra con Barbariccia e cade in una trappola; viene così spedito all’inferno. Qui viene conteso dalla moglie di Pluto, Proserpina, e dalla sua figliastra, Luciferina. Dopo aver dato un bacio a Proserpina, Maciste si trasforma in un demone. Barbariccia, geloso delle attenzioni di Proserpina per Maciste, organizza una rivolta contro Pluto; Maciste interviene a difendere Pluto e umilia Barbariccia. Il re dell’inferno, riconoscente, grazia Maciste e lo lascia andare sulla terra, ma Proserpina lo ferma incatenandolo a una roccia. La notte di Natale saranno le preghiere del figlioletto di Graziella, sposatasi con Giorgio, a liberare Maciste.
NOTE
I riferimenti consistono, in particolare nel nome del diavolo Barbariccia e nella ricostruzione dell’ambiente infernale.
Tratto da «una diavoleria di Fantasio», al secolo Riccardo Artuffo che, a sua volta, aveva tratto materiale dall’Inferno di Dante, il film di Brignone ebbe problemi con la censura per le rappresentazioni audaci di corpi femminili fotografate da Arata e Terzano; il visto fu concesso solo nel marzo del 1926. Ma il film, nella sua versione integrale, era già stato proiettato varie volte durante la Fiera di Milano del 1925, nell’ambito della quale si svolgeva un concorso internazionale cinematografico.
Una versione muta, restaurata, di 100 minuti a 20 f/s è stata presentata dalla Cineteca di Bologna al festival cinematografico Il cinema ritrovato del 2009.